sabato 7 gennaio 2012

Epifania 2011


Vangelo  Mt 2,1-12
Siamo venuti dall'oriente per adorare il re.
 

Dal vangelo secondo Matteo
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.



Impariamo dai Magi:

-"Vennero da oriente".
Sono persone che si mettono in cammino, lasciano quello che hanno e con fiducia, aperti alla novità, vanno. Il cammino cristiano è sempre un andare fiducioso verso il Signore, lui si farà trovare, si fa conoscere progressivamente.

-"Abbiamo visto spuntare la sua stella".
Dall'osservazione del creato (stella) Dio si rivela, ha già lasciato lì l'impronta di sé. Siamo invitati allora a guardare con meraviglia a ciò che ci circonda, uscendo dalla pretesa arrogante di essere noi i padroni di tutto, gli inventori della realtà. Ma anzi cogliendo tutto come dono da contemplare e da salvaguardare; poi da usare.

-"Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi....". 
Il messaggio del creato non basta! Per arrivare a Dio c'è bisogno della sua Parola. Questa deve alimentare e dirigere la nostra vita.

-"Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima". 
Dopo essere stati da Erode rivedono la stella: nel cammino verso Dio ci sono dei momenti di oscurità, solo l'umiltà del domandare e dell'accogliere la Parola di Dio può farli sorpassare. L'approdo è la "gioia grandissima" che ci è donata dopo la prova.

-"Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono". 
I Magi hanno fatto un lunghissimo e pericoloso viaggio pieno di incognite e arrivati non proferiscono parola! Tutto è dominato solo dal gesto: prostrati lo adorarono. L'adorazione viene spontanea solo riconoscendo davanti a sé Dio fatto uomo. Non c'è quindi una formula, c'è solo la fede.
Il silenzio. È il linguaggio più adeguato.

-"Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono....". 
Apparentemente sono loro a portare qualcosa, e invece non è così! I Magi riconoscono davanti a sé il vero dono che è la presenza di Dio, Gesù, e rispondono portando i loro doni che infatti dicono l'identità di chi hanno davanti a sé: il vero Re (oro), il vero Dio (incenso), il vero Amore, ovvero colui che darà la vita (mirra, l'olio che veniva usato per ungere i cadaveri).


Assumiamo anche noi il cuore dei Magi togliendo le dimensioni che sono evidenziate da Erode e dai capi dei sommi sacerdoti e dalle scribi. Il primo vede quel Re come un concorrente che vuole usurpargli il suo potere (è la percezione di un Dio che vuole toglierti qualcosa); i secondi pur sapendo dove nasce il Messia non ci vanno (è l'indifferenza religiosa, oggi molto diffusa).

Prostrati lo adorarono. Solo così è Epifania (manifestazione).


mercoledì 4 gennaio 2012

Maria SS. Madre di Dio 2012

Prima Lettura  Nm 6,22-27  
Essi invocheranno il mio Nome, e io li benedirò.
 
Dal libro dei Numeri
  
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».





Vangelo  Lc 2,16-21
I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.
 

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.






Siamo all'inizio di un nuovo anno, e quando una persona comincia a fare qualcosa ha già in mente ciò che vuole realizzare e quello che va a fare sarà, in modo profondo, conseguenza dell'inizio. C'è anche un detto, frutto della saggezza popolare, che dice: "chi ben comincia è a metà dell'opera". E' importante allora iniziare bene, mettere il giusto fondamento a quest'anno.
La Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci viene incontro dicendoci che la roccia dove appoggiarci è Gesù Cristo stesso. Per vivere in pienezza dobbiamo cioè sviluppare la nostra relazione con Dio, ecco il programma di questo nuovo anno. Sarà buono se lo vivremo in una profonda relazione con Lui, senza questa relazione tutte le altre prendono una direzione sbagliata, che sbocca nel conflitto e nelle difficoltà di ogni genere.
La prima cosa che si chiede quando viene presentato un bambino per il Battesimo è il nome. Il nome fonda la relazione, e Dio desidera proprio questo, amare quella persona. Questo è un buon inizio di vita.

La prima lettura presenta la benedizione sacerdotale attraverso la quale il popolo riceve la benedizione divina. Il senso profondo di questa azione è l'operare di Dio che favorisce la vita, la prosperità e la felicità degli uomini.

"Ti benedica il Signore ti custodisca"
Viene qui invocata la protezione del Signore dai pericoli, soprattutto dal pericolo più grave, che è quello di soccombere alla tentazione, di fare il male e di rompere così l'amicizia con Dio, cioè di uscire dalla sua benedizione che è la fonte di tutte le relazioni e della pace.

"Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia.".
Ecco un secondo livello di benedizione per coloro che rimangono in amicizia con Dio. Il loro volto diventa riflesso di quello di Dio.

"Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace".
Terzo livello, il dono della pace. Oggi è la giornata mondiale della pace. Questo termine non significa soltanto assenza di conflitti, ma esprime prosperità, relazioni fraterne, serenità e gioia.
Per rendere possibile tutto questo Dio ha mandato suo figlio nel mondo, ecco quanto afferma S. Paolo nella seconda lettura: "quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo figlio, nato da donna, nato sotto la legge ..., perché ricevessimo l'adozione a figli". .
Il figlio di Dio si è fatto figlio di una donna perché noi potessimo diventare figli di Dio. Maria diventa conseguentemente Madre di Dio. L'adozione a Figli si realizza con il dono dello Spirito Santo, la nostra Madre celeste che lo ha accolto in modo sublime ci aiuti a fare altrettanto.
Possiamo accogliere questo dono se assumiamo gli stessi atteggiamenti dei pastori e di Maria. Il Vangelo ci descrive i primi così: andarono senza indugio, videro la mangiatoia, riconobbero in questa scena di umiltà il Dio fatto uomo e lo adorarono, raccontarono poi ciò che avevano udito e visto, l'apparizione degli angeli e l'annuncio della nascita del Salvatore, e lo stupore dominò tutti i cuori.

"Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore".
La Madonna ancora una volta ci fa capire come accogliere il mistero del Natale, non con la superficialità degli effimeri festeggiamenti solo esteriori, ma nella profondità del cuore. 
"Custodiva": le cose più care si custodiscono. Il nostro cuore è spesso attraversato da tante cose (immagini, pensieri, preoccupazioni, ecc.), ci stanno forse già assalendo, abbiamo bisogno di custodire la Parola nel cuore, di non permettere a nulla né a nessuno di occupare questo posto.
"Meditandole": se non meditiamo non possiamo crescere come figli di Dio. Dobbiamo pregare, non soltanto recitare formule di preghiera, ma contemplare il mistero gustando il dono di Dio che è suo figlio nato da Maria: Gesù. Il nome significa "Dio salva": Gesù è il Salvatore, il Figlio di Dio che ci riconcilia con il Padre.
Ogni giorno di questo nuovo anno sia fondato sulla presenza di Gesù nostro Salvatore, abbiamo bisogno di essere sempre uniti a lui per vivere pienamente la nostra vocazione di figli di Dio e operare nella carità.
Questo Natale non può passare senza lasciare niente, custodiamo allora tutte le cose che abbiamo visto ed udito meditandole nel nostro cuore. Allora sarà veramente un buon anno.

venerdì 30 dicembre 2011

Natale del Signore 2011

Vangelo  Lc 2,1-14
Oggi vi è nato il Salvatore.
 

Dal vangelo secondo Luca

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».




Cesare Augusto ordina il grande censimento su tutta la terra. La potenza dell'impero romano si manifesta: tutti sono costretti ad andarsi a registrare, così anche Giuseppe nonostante il momento delicato che sta vivendo Maria sua sposa, era infatti incinta. Ecco che a Betlemme avviene il vero evento che cambia la storia, raccontato in forma semplice, sintetica, Maria dà alla luce il suo figlio primogenito. La scena è di estrema normalità e povertà, non c'è neanche posto per loro nella parte abitata della casa (l'alloggio), devono ricorrere alla parte meno nobile, dove stanno gli animali: una mangiatoia fa da culla. L'evento culmine della storia, la chiave di lettura di tutto, il Dio fatto uomo non ha niente, viene povero. Si rivela fin da ora la modalità con cui Dio entra nella storia e la guida, non la potenza di questo mondo, ma la debolezza: è già anticipato lo "scandalo della croce".
I pastori accolgono questo annuncio: Dio non soltanto sceglie di entrare nel mondo nella povertà ma sceglie di essere adorato dai poveri, i pastori. Categoria ritenuta insignificante e tante volte disprezzata.
Quando l'uomo entra in contatto con Dio lo spavento spesso lo assale, ma Dio rassicura sempre. La gioia è invece l'elemento chiamato a dominare i cuori, così in questo brano e in tutta la rivelazione che Dio fa di sé. Senza Dio non c'è gioia vera, e oggi dobbiamo particolarmente scoprire questa dimensione perché Dio stesso vuole donarcela.

Oggi, nella città di Davide, è nato  per voi un Salvatore, che Cristo Signore.
Ecco il vero evento della storia: è nato un Salvatore. Anche per noi, oggi, è Natale del Signore: lui nasce, nasce nel nostro oggi e viene come Salvatore per dare senso e riempire la nostra vita. 
È necessario però accoglierlo come tale. 
- Accettare che Dio non si riveli nei segni della potenza mondana, ma nella debolezza. Questo comporta anche un cambiamento, una conversione, i nostri gesti le nostre azioni non possono più essere dominate dalla potenza dei mezzi, dalla forza di convincimento, ma da quella debolezza che sola sa fidarsi della presenza di Dio e del suo intervento.
- Accettare che solo il Cristo Signore è il Salvatore. Riconoscere cioè che noi non siamo i salvatori della nostra vita, non ne siamo capaci. Il Salvatore è lui, è il Cristo Signore. L'uomo di oggi pretende di salvarsi da sé, con le sue forze, in questo modo non può accogliere il Salvatore. 
Abbiamo bisogno di convertirci all'umiltà del cuore, solo allora saremo in grado di ricevere il Signore che oggi viene, allora saremo capaci, come i pastori di udire il canto angelico di lode celeste: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama". Solo allora inizierà un nuovo mondo in cui Dio dal più alto dei cieli regna sulla terra con la Pace e con l'Amore: per questo gli uomini accogliendo Dio realizzeranno pienamente la propria umanità e attingeranno da lì il senso, la direzione e la forza per condurre la storia alla meta che Dio ha pensato per essa: Gesù Cristo il Salvatore. Allora sarà veramente Natale, la gioia e la pace che Dio vuole donarci sarà realtà quotidiana. Che questo Natale possa essere da noi accolto, vissuto, e che per l'uomo inizi oggi un nuovo cammino.

martedì 20 dicembre 2011

IV Domenica Avvento 2011


Prima Lettura  2 Sam 7, 1-5.8b-12.14a.16
Il regno di Davide sarà saldo per sempre davanti al Signore.
 

Dal secondo libro di Samuèle.
Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te». 
Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: “Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. 
Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. 
La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».



Vangelo  Lc 1, 26-38
Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
 

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». 
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.


La prima lettura, presa dal secondo libro di Samuele, ci parla del re Davide che ha ormai conquistato e ricostruito Gerusalemme. Dopo aver realizzato per sé una casa sorge spontaneo il desiderio di farla anche a Dio, fino ad allora infatti l'Arca, "luogo" della presenza di Dio, si trovava sotto una tenda. 
Davide manifesta al profeta Natan questo desiderio ed ha da lui l'incoraggiamento a realizzare quanto sente nel cuore. Tutti questi progetti sono stravolti da Dio: sia Natan che Davide devono ricredersi di fronte alla parola che il Signore affida al profeta. Sarà Dio stesso a costruirsi una casa. Anzi Dio rivela che non desidera costruire una casa di pietre, ma un "casato" ovvero una discendenza. 
Ciò vuol dire che la casa di Dio è la vita stessa dell'uomo.

Nel Vangelo si realizza pienamente questo desiderio. L'iniziativa di mandare l'angelo è di Dio, sua e anche la scelta del paese e di una donna, Maria. Dio non sceglie quello che l'uomo avrebbe scelto: non la grandezza o il successo, ma la piccolezza e l'insignificanza di un villaggio misero e sconosciuto e di una donna di umile estrazione.
L'angelo dice subito "rallegrati", il progetto di Dio è felicità per l'uomo.
L'uomo è collaboratore di questo progetto, Maria "si domandava" il senso di tutto questo, ovvero deve applicarsi nella sua intelligenza, nelle sue conoscenze, alla luce della Sacra Scrittura su quello che è il progetto di Dio. Maria è chiamata ad assumerlo, a farlo suo liberamente, a rinunciare a qualunque altro suo progetto. Dio entra nella nostra umanità attraverso la libertà dell'uomo, Maria risponde con il suo sì, senza condizioni. 
L'ultima frase che l'Angelo rivolge a Maria è "nulla è impossibile a Dio": Maria ha creduto all'onnipotenza di Dio.

"Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola".
Maria si dichiara serva, piccola e obbediente, e questo rende possibile alla Parola di farsi "evento" per mezzo di lei.

Preparandoci al Natale anche noi scopriamo che Dio vuole costruire la sua casa nella nostra vita, Maria ci fa vedere come dobbiamo rispondere a questo progetto di Dio. Ci chiede di accogliere la sua iniziativa, di ascoltare la sua Parola: di fargli posto dentro di noi. 
E' una Parola altra da noi, che ci raggiunge e se accettata trasforma. 
Ecco perché è necessario scoprire la dimensione del silenzio e mettere in secondo piano i nostri bisogni tante volte dettati dall'egoismo. 
Noi non siamo i salvatori del mondo, dobbiamo permettere a Dio di esserlo, e nella modalità che Lui ha scelto, così diventeremo veri suoi collaboratori: testimoni, nelle concrete situazioni della vita, della sua presenza che salva, esito finale dell'incarnazione. 
Allora sarà veramente Natale: il Signore nascerà nelle nostre famiglie, nei luoghi di lavoro perché sarà presente nei nostri cuori.
Questo è anche il miglior augurio di buon Natale che possiamo farci.

lunedì 12 dicembre 2011

III Domenica Avvento 2011


Vangelo  Gv 1, 6-8. 19-28
In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete.
 

Dal vangelo secondo Giovanni
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». 
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.


"Venne un uomo mandato da Dio".
Tutto parte da lì, Dio vuole entrare nel mondo attraverso degli uomini che lui stesso manda: questo vale anche per noi. 
La Chiesa ha ricevuto da Cristo stesso il mandato di andare ad ammaestrare le genti. Che importanza do all'insegnamento della Chiesa?

"Il suo nome era Giovanni".
Il nome indica una relazione personale e unica tra lui e colui "che manda". Così anche noi nel Battesimo siamo entrati in intimità con Dio.

"Venne come testimone per dare testimonianza alla luce".
Giovanni non indica se stesso, ma qualcun'altro. Il suo venire ha un fine preciso: l'essere testimone di questa realtà. Tale è colui che ha visto qualcosa e lo riferisce. Giovanni ne è consapevole e paragona ciò che ha incontrato all'esperienza umana della luce. Solo partendo da essa è possibile rendersi conto della situazione precedente, che evidentemente era di buio. Attraverso questa luce si vedono cose di cui non ci si poteva accorgere prima.
Anche noi come cristiani siamo chiamati alla testimonianza. Il percorso che fa Giovanni battista dovrebbe allora essere il nostro: all'ultimo c'è la testimonianza, ma prima l'essere chiamati per nome, l'essere mandati, e all'inizio c'è l'esperienza della luce che illumina la propria vita e le realtà che ci circondano: in definitiva c'è l'incontro con Dio.
Nel contesto di oggi, dove tutto è rivolto all'azione e alle opere, rischiamo di perdere questa sorgente che è l'unica che possa dare senso e credibilità alla testimonianza.

"Perché tutti credessero per mezzo di lui".
Ecco il fine della testimonianza, dall'annuncio si genera la fede.

"In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete".
Giovanni con la sua esperienza può fare questa affermazione.
In mezzo a noi sta il Signore, ma noi lo conosciamo? 
Lui è nei Sacramenti: vedi come poco lo conosciamo? Spesso li disertiamo o con una scarsa frequenza o con una scarsa fede!

Da Gerusalemme andarono sacerdoti e leviti per interrogarlo: vanno dietro alle varie "voci", Giovanni battista ne è una tra tante. 
Questo è anche il nostro contesto: ci sono tante "voci" intorno a noi, e l'uomo spesso si lascia ammaliare da esse. C'è però una "voce" diversa dalle altre perché ha la capacità in sé di rispondere a tutte le domande dell'uomo. Non si distingue per il suo essere "voce", ma per il contenuto. È la "voce/Persona", che bussa alla porta del nostro cuore, che genera in coloro che si aprono l'incontro, e quindi la conoscenza come rapporto di intimità.
Dio si è voluto servire dell'uomo per comunicarsi, ha voluto scegliere la debolezza e la fragilità umana, non la potenza. Ha voluto manifestare, anche in questa modalità, lo "scandalo della croce". Non sono i mezzi che fanno arrivare l'annuncio, ma è in sé la potenza del suo contenuto, ovvero della Parola. Ecco perché prima di tutto non dobbiamo puntare sui mezzi, ma sul contenuto che diamo.
La Parola è oggi da noi annunciata? E questo annuncio in che cosa consiste?
Stiamo vivendo oggi un tempo di crisi che ha interessato, nella sua ultima espressione, l'ambito economico: in questo contesto siamo chiamati a riscoprire l'essenza della testimonianza che siamo chiamati a dare, spogliandola di tante sovrastrutture che hanno appesantito l'annuncio, quando non l'hanno travisato.

In Giovanni vediamo colui che vive della parola, tutta la sua esistenza è orientata a Gesù Cristo, ha lui come origine, come percorso, come fine. E il suo annuncio è sì verbale, ma contemporaneamente esistenziale. Si tratta allora di vedere se prima di tutto il Vangelo dà forma alla nostra vita, se lo leggiamo, se lo meditiamo, se accettiamo il suo giudizio, se da esso partiamo per un cambiamento di vita.

martedì 6 dicembre 2011

II Domenica Avvento 2011


Vangelo  Mc 1, 1-8
Raddrizzate le vie del Signore.
  

Dal vangelo secondo Marco
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. 
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri»,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».


I grandi eventi vanno preparati, questo vale ancora di più per l'Evento, centro di tutta la storia e di tutto il creato: Dio si fa uomo!
Domenica scorsa il Vangelo ci aveva detto di vegliare, oggi scopriamo che per fare questo abbiamo bisogno di un cuore nuovo, rigenerato attraverso un cammino di purificazione, di guarigione dalla cecità spirituale, oggi molto diffusa. Essa è causata dal peccato, ma chi ne è dentro non se ne rende conto, è come se dormisse vivendo in una totale insensibilità: non conosce la realtà di Dio e non sa quello che perde perché non si è aperto all'Amore di Dio. In qualche misura tutti quanti siamo in questa condizione, non sappiamo fino in fondo cosa sia il peccato, non tanto in senso morale, ma spirituale ed esistenziale, direi relazionale. L'invito è a vivere questo periodo come cammino penitenziale e a celebrare il Sacramento della Riconciliazione. Il messaggio di Giovanni battista non è sorpassato, il Vangelo altrimenti non lo riporterebbe. Esso è necessario se vogliamo riconoscere in "Colui che viene" il vero Dio fatto uomo. Dobbiamo infatti riconoscerlo in un bambino piccolo, povero e bisognoso di tutto: ecco perché è necessario avere occhi attenti al piano ineffabile di Dio.

"Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme".
C'è bisogno di correre, Dio vuole persone che sappiano scegliere prontamente. In gioco c'è la risposta definitiva alle attese dell'uomo, la sua salvezza. Se facciamo questo cammino di preparazione allora sentiremo in noi il bisogno di un nuovo inizio, di ricominciare daccapo, con una vita nuova. E qui proprio di inizio si parla:
"Inizio del Vangelo di Gesù Cristo".
È il vero inizio. La nascita di Gesù è il centro, l'apice e il compimento di tutta la storia e del cosmo intero. E se per noi diventa un "inizio" vuol dire che diventa la base su cui fondare la vita.
Vangelo non è un libro, ma significa "buona notizia", non fra tante altre, ma buona notizia per eccellenza. Marco ce ne dà anche la ragione aggiungendo che questa buona notizia riguarda Gesù Cristo, cioè il Dio fatto uomo, il Figlio di Dio. Ecco perché non ci può essere una migliore notizia, rendiamocene conto, Dio si rivela, Dio ci raggiunge, Dio abita la nostra umanità, Dio ci eleva alla sua stessa dignità.
Noi abbiamo ricevuto il "battesimo in spirito Santo", ma dobbiamo sempre più scoprire ed accogliere questo dono.
L'Avvento è l'occasione buona: camminiamo insieme verso il Signore che viene!

lunedì 28 novembre 2011

I Domenica Avvento 2011


Vangelo  Mc 13, 33-37
Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà.
 

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».






All'inizio dell'anno liturgico troviamo il tema della vigilanza, del vegliare. Atteggiamento che dobbiamo far nostro per vivere bene il tempo di Avvento cioè la preparazione al Natale. Questo era anche il tema che abbiamo trovato nelle ultime domeniche dell'anno liturgico precedente, per esempio nel brano delle 10 vergini, dove tutto era rivolto a prepararci alla solennità conclusiva dell'anno, quella di Cristo re dell'universo. Sembra allora che lo stesso calendario liturgico voglia dirci qualcosa: tu sarai pronto ad accogliere Cristo re dell'universo nella sua ultima e gloriosa venuta solo se lo riconoscerai, con la stessa attenzione, nella sua venuta quotidiana che è fondata sull'evento storico dell'incarnazione avvenuta 2000 anni fa e che ricordiamo nel Natale. Non per nulla il brano letto in questa domenica si inserisce anch'esso in un contesto di venuta finale del Cristo.

"Fate attenzione, vegliate".
Il brano letto sembra riassumersi in questi due imperativi che vengono giustapposti quasi come se descrivesse la stessa disposizione interiore che siamo invitati ad assumere. Con l'imperativo "fate attenzione" l'evangelista Marco sembra scandire tutto il capitolo 13. Lo si trova infatti qui per ben quattro volte su un totale di otto in tutto il Vangelo. Il termine originale greco più che con "fate attenzione" è da tradurre con "guardate". Per comprendere la portata di questo verbo è utile leggere Marco 8,18, che riporta la profezia di Geremia, dove si dice che Israele ha gli occhi ma non vede, ha le orecchie ma non sente. Sembra dunque che il "guardare" non sia mai isolato, ma generalmente sempre collegato, secondo la tradizione profetica, al tema dell'udire. Lo sfondo profetico di questo imperativo chiede allora non tanto di usare bene gli occhi, ma di coltivare un atteggiamento di ascolto che implichi anche un sapersi rivolge verso una direzione precisa, per poter sentire e vedere le cose che accadono. Ecco perché il termine è stato tradotto con "fate attenzione", proprio per indicare un atteggiamento più globale che investe la totalità della persona.

La piccola parabola che segue chiarisce ancora di più il concetto. Si parla di un padrone di casa che ha dato il potere ai suoi servi: si descrive cioè una relazione particolare che per esistere ha bisogno di essere riconosciuta. Cioè il servo deve essere consapevole di avere un padrone che è "come un uomo che è partito" cioè la sua presenza è nel contempo anche assenza. Naturalmente i termini della parabola sono chiari: questo "padrone della casa" è Dio stesso e il servo è l'uomo. Da alcuni secoli nella nostra cultura si è sempre di più affermato l'uomo come centro dell'universo, padrone assoluto. Questo è per noi una difficoltà, rischia di illudere e di ingannare: l'uomo non è il padrone. E questo è anche il dato più ragionevole: l'uomo non può aggiungere un solo secondo alla propria vita, cioè non ha in sé la vita, non ne è padrone.
I "servi" non sono schiavi, hanno ricevuto dal padrone di casa una grande dignità: hanno la casa stessa e il potere su di essa. A ciascuno è stato dato un compito, quindi non hanno ricevuto soltanto, ma questo ricevere implica una responsabilità. Tutto sembra cioè fondato su una relazione interpersonale tra il servo e il padrone della casa, tra Dio e l'uomo. Ecco perché l'ascolto è una dimensione fondamentale, perché ascoltare vuol dire rapporto a due, relazione, incontro d'amore. Ma per fare tutto questo devi scoprire questa realtà e la devi accettare. Devi scoprire che Dio si manifesta nei segni deboli, piccoli quali sono i Sacramenti. Solo se saprai scorgerlo lì, solo se saprai scorgerlo nella grotta, bambino bisognoso di tutto, solo allora sarà Natale, solo allora lo potrai accogliere nel suo avvento glorioso finale. Dio ci dà ancora tempo, possiamo cambiare, possiamo crescere nello sguardo che sa cogliere la sua presenza nella sua apparente assenza.
È tempo di Avvento: vegliate!