martedì 22 novembre 2011

N.S. GESÙ CRISTO - RE DELL'UNIVERSO

Vangelo  Mt 25,31-46
Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri.

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».




Matteo scrive per una comunità di ebrei che ha accolto Gesù, ma che ha difficoltà a sganciarsi da  tutte le sue tradizioni. Nel mondo ebraico infatti si riteneva che gli ebrei, in quanto eredi di Abramo, fossero già salvi e non andassero incontro a nessun giudizio. Il giudizio era soltanto per i pagani; così troviamo nel Talmud l’immagine di Dio  che sta in trono, ecco perché questo brano è riportato solo da Matteo e non c'è negli altri evangelisti.
Qui si descrive quindi una parte del giudizio universale, lo si vede anche dal brano stesso che parla in entrambi i casi di persone che non hanno riconosciuto Gesù nel povero. Queste non possono essere che pagane perché il cristiano lo sa, il Vangelo di oggi lo rivela: aiutando i bisognosi si aiuta Gesù. Inoltre nel brano c'è una terza categoria di persone, oltre a quelle che sono alla destra e alla sinistra, e cioè: "questi miei fratelli più piccoli".
Gli evangelisti fanno un uso molto attento della loro terminologia, è allora importante tradurre con esattezza i termini che essi  adoperano. Il termine popolo, nella lingua greca del Vangelo, si scrive in due maniere, una è "laos" e l'altra "etne", che anche noi adoperiamo. Il termine "laos" significa il popolo d’Israele, il popolo eletto, il termine "etne", riguarda i popoli pagani. La parola tradotta nel nostro testo con "popoli" è "etne". Quindi la domanda a cui Matteo vuole risponde è relativa al giudizio di quella parte di umanità che non conosce Gesù e che è numericamente più consistente: riguarda quindi particolarmente i pagani.  Anche la traduzione latina del testo non rendeva  questa differenza tra i due termini.
Matteo prende l’immagine dal Talmud: per i pagani che non hanno la legge e non hanno conosciuto Gesù Cristo ci sono i comandamenti minimi dell’amore che riguarda il bene degli altri. A loro si chiederà: avevo fame e tu mi hai dato da mangiare? Verranno chieste cioè le elementari risposte ai bisogni dell’uomo e saranno quindi giudicati in base alle opere di bene che hanno fatto nei confronti dei bisognosi e che sono iscritte anche nella retta coscienza di ogni uomo. Solo nell'ultimo giorno queste persone scopriranno che quando hanno fatto queste azioni a una persona bisognosa l'hanno fatto a Gesù stesso.
Ai cristiani invece sarà chiesto se essi sono diventati "questi miei fratelli più piccoli":
"fratelli", cioè conformati pienamente al Cristo con tutte le conseguenze che questo ha;
"più piccoli" cioè Cristo per primo si è abbassato, come dice l'inno della Lettera ai Filippesi, per far sì che ciascuno di noi possa entrare nell'intimità di Dio. Allora è importante farci piccoli per accogliere Dio dentro di noi e rispondere così a quel mistero che è l'incarnazione. Maria ne è l'esempio massimo.
La domanda perciò è questa: chi è per te Gesù? Da questa risposta dipende tutto. 
Oggi è diffusa una interpretazione "secolarizzata" di questo brano che è entrata nella mentalità di molti cristiani, che dicono: "nella vita basta fare del bene". Così pensando riducono tutto al secolo, all'orizzontale, al materiale, a semplice filantropia, a questo mondo. Fare il bene è senz'altro una cosa buona, ma non basta perché i cristiani hanno ricevuto una chiamata ulteriore, quella di annunciare il Regno dei Cieli, e su questa saranno giudicati. I credenti hanno quindi una grande opportunità: possono essere già "fratelli" del Signore, già inseriti in Dio, già nella sua gioia. In un certo senso, il credente è giudicato tutti i giorni e per lui il giudizio si chiama Conversione. Anche i credenti passeranno dal giudizio universale e saranno giudicati allora in base alla fede in Gesù Cristo, quella fede che è un tutt'uno con le opere, e che infatti produce la Carità, che è di più del semplice aiuto fraterno: è dare la vita.